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Oltre il dualismo

OLTRE IL DUALISMO

"l’unico colore dell'uomo / è nella gioia di affrontare la propria oscurità" (Pasolini)


La filosofia occidentale nel tempo si è progressivamente infilata in una situazione senza sbocchi, fino a perdere di consistenza e autonomia nella situazione attuale.

Il motivo principale è stato il modo con cui la filosofia ha voluto interpretare il mondo.

Nello sforzo di conoscere la realtà la filosofia ha ritenuto di doversi alleggerire dal concetto di percezione della realtà perché i sensi sono equivoci e fuorvianti. Per Cartesio è fondamentale la separazione tra la cosa che pensa e la cosa fisica, due realtà distinte e indipendenti.

Nel dualismo, un termine usato per definire ogni dottrina che si riferisca in qualsiasi campo di indagine a due principi inconciliabili tra loro, c'è stata la divisione tra corpo e mente, come se fosse possibile separare nettamente la percezione (il corpo) dalla conoscenza (la mente).

"Io penso dunque sono" diventa così il postulato dell'indagine filosofica. Ma il linguaggio strumento del pensiero, a differenza della mente, non appartiene al soggetto pensante.

Il linguaggio appartiene alla realtà intera, cioè contesto e relazioni circostanti del soggetto, che viene elaborato dalla mente del soggetto pensante.

Non bisogna identificarsi con i propri pensieri ma essere testimoni consapevoli di questo processo che la mente attiva i pensieri.

Una maggiore specializzazione,  attraverso il riduzionismo ed il meccanicismo, si è rafforzata nell'idea che la realtà si manifesta solo nella sua determinazione escludendo ogni contraddizione e indeterminazione.

Nel dualismo in modo manicheo i due enti contrapposti si negano reciprocamente. L'unico ragionamento accettato non deve dare adito a contraddizioni.

In effetti nella filosofia occidentale, si è idealizzato la realtà operando una semplificazione che non corrisponde più alla rappresentazione della realtà intera, ma solo alle domande a cui noi vogliamo rispondere.

L'ulteriore semplificazione o se vogliamo specializzazione della filosofia è stata di eliminare la parte irrazionale della ragione, quella delle emozioni e sentimenti, come se non fosse essenziale per la conoscenza l'aspetto intuitivo, lasciando solo la parte razionale.
Alla fine possiamo dire che la filosofia, attraverso il paradigma del positivismo, si è ridotta ad utilizzare, come nella scienza,  lo strumento della ragione solo di tipo logico-deduttivo.

Ma la conoscenza filosofica ha uno scopo diverso dal sapere scientifico. La filosofia cerca di conoscere la verità domandandosi il perché delle cose, la scienza attraverso la ricerca ed il metodo scientifico cerca di scoprire il come, in modo poi da farne una applicazione tecnologica.

Il dualismo non risolto, separando definitivamente gli enti l'uno dall'altro senza cercare alcuna relazione, obbligando a scegliere tra enti opposti, tipo "corpo/mente", "soggetto che osserva/oggetto osservato", "cultura/natura", il "sé/gli altri", "individuo/società", ha minato l'efficacia della ricerca filosofica.

Il mutare delle cose è un continuo compenetrarsi e vicendevole rigenerarsi di questo dualismo illusorio, illusorio perché separa nettamente le cose, negando qualsiasi relazione tra i due enti opposti.

La filosofia invece deve cercare di trovare una relazione che collega questi enti contrapposti, in modo da avere una rappresentazione più intera possibile della realtà in tutte le sue forme e contraddizioni.

Talune prospettive (religiose o filosofiche) non-dualiste sostengono che nella natura della realtà non esiste una fondamentale distinzione tra mente e materia.
Secondo il non-dualismo la realtà non è né fisica né prettamente mentale, ma piuttosto consiste in un ineffabile ed indescrivibile stato di realizzazione superiore.
Infatti non è possibile descrivere la non-dualità in maniera oggettiva (perché sarebbe un atto dualistico separare il  soggetto dall'oggetto), visto che la realtà è data dalla interazione tra soggetto e oggetto.

Il non-dualismo ritiene che i diversi fenomeni siano tra di loro inseparabili, senza una linea netta di demarcazione. La sostanza, la realtà è la stessa, ma si manifesta con proprietà (principi) opposte ma interdipendenti, una polarità frutto della relazione tra gli estremi.

La polarità in filosofia è l'espressione del rapporto di reciproca dipendenza di due elementi contrapposti, dello stesso genere ma di grado diverso.
A differenza del semplice dualismo, la polarità implica una condizione di complementarità tra gli opposti, tale per cui ciascuno dei due poli, pur essendo limitato e avversato dal polo contrario, trova in quest'ultimo anche la sua ragion d'essere e il suo fondamento costitutivo, perché l'uno non potrebbe esistere senza l'altro e viceversa. La vera identità degli opposti la si trova solo se si pensa che i due opposti coesistenti siano complementari.

Nel pensiero olistico della filosofia orientale lo sforzo è stato quello di trovare queste relazioni, di unire gli enti contrapposti nella loro complementarità, avendo una visione con una logica inclusiva e circolare (ogni ente è causa ed effetto dell'altro ente). Una via (Tao) che mostra il mondo come il risultato di un equilibrio dinamico, frutto dell'interazione di poli opposti (yin e yang), in cui l'energia (Qi) fluisce in un ambiente vitale, che in un continuo movimento circolare, poiché ogni cosa è connessa con qualsiasi altra cosa, tende verso l'unità (universo).

Il cosmo è visto come una unica realtà indivisibile, in eterno movimento, animata, organica:
materiale e spirituale nello stesso tempo.
Il corpo e la mente, razionale ed irrazionale, cultura e natura, sono un tutt'uno, enti interdipendenti che rendono la realtà complessa, piena di contraddizioni ed ambivalenze.
I due temi fondamentali di questa concezione sono l'unità e l'interdipendenza di tutti i fenomeni e la natura intrinsecamente dinamica dell'universo.

La filosofia deve avere una visione olistica di questa complessità della realtà intera, senza eliminare le contrapposizioni, ma cercando le relazioni di interdipendenza tra gli enti opposti.
Essendo il Tutto l'unità dei contrari, contenendo nel suo seno gli opposti, ognuno di questi, nascendo, contrasta con un altro. In questo incessante contrastare sta il movimento delle cose, il loro eterno divenire.

Nel non-dualismo ciascuno elemento può essere definito solo per opposizione, ma uno dipende dall'altro.
Complementarità e correlazione tra gli elementi opposti sono le fondamenta del non-dualismo.
La relazione d'interdipendenza tra i due opposti segue la logica della sovrapposizione degli elementi, che connota la natura del loro rapporto, riconoscendone le differenze, che mostra la realtà come il frutto della relazione tra i due enti contrapposti risalendo al loro fondamento e comune denominatore.

Vediamo alcuni esempi.

Un percorso in pendenza può essere pensato come una discesa andando verso la base del percorso oppure come una salita andando verso la sommità. Ma senza pendenza non c'è salita e non c'è discesa.
Discesa e salita sono concetti contrari, ma tutte e due sono dipendenti dalla pendenza del percorso in comune.
Quindi alla fine c'è la salita, la discesa e la pendenza che mette in relazione i due opposti.

Altro esempio. Bianco e nero rimangono termini contrapposti, tuttavia, è solo cogliendo questa differenza di termini che si può risalire al loro fondamento e comune denominatore, cioè la luce. Il bianco è il colore di un oggetto che riflette tutta la luce, il coloro nero invece deriva dal fatto che l’oggetto assorbe tutta la luce. Il nero e il bianco dipendono da come la luce viene riflessa dall'oggetto.

Ancora un esempio è la questione del "bicchiere mezzo vuoto oppure bicchiere mezzo pieno". Il dualismo ci obbliga di scegliere tra le due posizioni. Andare oltre il dualismo significa invece che le due visioni si sovrappongono: la prima il "bicchiere mezzo vuoto" e la seconda il "bicchiere mezzo pieno", si sovrappongono il "bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno " in quanto le prime due visioni contrapposte sono compresenti avendo in comune il volume del bicchiere diviso a metà.

Infine come ultima esemplificazione possiamo prendere la dicotomia "parte/tutto" (la quale include anche quella tra individuo/società). La contrapposizione mostra l'impossibilità di definire i due concetti nettamente separati senza nessuna relazione. La parte non esiste se escludiamo il tutto. Il tutto non esiste se ne escludiamo una parte. La separazione netta tra le due opposizioni mostra il limite del ragionamento duale, dato che esiste la parte, il tutto e l'interazione tra la parte e il tutto.

I contrasti pensare/agire o idealizzare/organizzare sono inconciliabili tra loro così come quello tra individuo/società ed in particolare ideale/istituzione.

Dalla sceneggiatura del film San Paolo scritta da Pasolini,  ecco le parole di uno dei discepoli rivolte a San Paolo organizzatore e fondatore della Chiesa cattolica come istituzione, che contrappongono la predicazione degli ideali in cui si crede alla organizzazione necessaria per realizzare gli ideali predicati:
“Il nostro è un movimento organizzato… Partito, Chiesa… chiamalo come vuoi. Si sono stabilite delle istituzioni anche fra noi, che contro le istituzioni abbiamo lottato e lottiamo. L’opposizione è un limbo. Ma in questo limbo già si prefigurano le norme che faranno della nostra opposizione una forza che prende il potere: e come tale sarà un bene di tutti. Dobbiamo difendere questo futuro bene di tutti, accettando, sì, anche di essere diplomatici, abili, ufficiali. Accettando di tacere su cose che si dovrebbero dire, di non fare cose che si dovrebbero fare, o di fare cose che non si dovrebbero fare. Non dire, accennare, alludere. Essere furbi. Essere ipocriti. Fingere di non vedere le vecchie abitudini che risorgono in noi e nei nostri seguaci – il vecchio ineliminabile uomo, meschino, mediocre, rassegnato al meno peggio, bisognoso di affermazioni e di convenzioni rassicuranti. Perché noi non siamo una redenzione, ma una promessa di redenzione. Noi stiamo fondando una Chiesa.”
In questo brano, Pasolini è convinto che nella profondità di ogni uomo esiste la contraddizione che distingue e oppone il mo­mento contemplativo e riflessivo al momento del rischio storico, dell’azione. Momenti entrambi sollecitati dalla vocazione.

Il problema è: può ogni ideale, sopravvivere alla sua istituzionalizzazione? 
La realtà di ogni Ideale è l’apparente impossibilità della sua (effettiva) realizzazione.

Stare nell'organizzazione (di un partito, di una Chiesa, di un movimento, etc) è solo l'occasione per farsi spazio ed affermarsi rispetto agli altri, oppure avvalersi di convenzioni rassicuranti. Il problema è la competizione tra i militanti che per avere potere nell'organizzazione non rispettano più l'altro.

Gandhi è riuscito a trovare nel cambiamento la relazione, il comune denominatore di questa contrapposizione, che non annulla l'identità dei contrari, ma li mantiene uno accanto all’altro nella loro interdipendenza.
Il cambiamento è possibile solo se individuo e società cambiano insieme. L'individuo che si organizza per cambiare la società in funzione degli ideali pensati, deve agire contemporaneamente per cambiare se' stesso con l'impegno a vivere nella vita comune i propri ideali da realizzare:
«Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo».

Dagli esempi fatti possiamo dire che la realtà può essere descritta interamente come compresenza di enti contrapposti, complementari e correlati tra loro; una descrizione in cui si manifesta la realtà intera non semplificata da schemi, ma colta nel suo contatto con il tutto, dalla vivente relazione di elementi contrastanti, senza un tempo univoco, in un gioco di probabilità di eventi che possono accadere.

E' necessario allora il passaggio da una logica duale ad una logica non duale, dove oltre alle due opposizioni include la relazione di interdipendenza tra loro, di unità degli opposti, dove la molteplicità diventa totalità.
La realtà, dunque, è fatta di relazioni tra cose (es. l'interazione tra il sistema fisico e il suo osservatore), che cambiano le une rispetto alle altre, di eventi probabili che accadono gli uni in relazione agli altri, senza una logica temporale.


NON DUALISMO

(Albert Einstein: "La cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero; è la fonte di ogni vera arte e di ogni vera scienza.”)

non dualismo                                                             
(Nella figura Il soggetto osserva se stesso che interagisce con l'oggetto albero. La mente elabora la relazione fra il soggetto e l'albero. Soggetto e oggetto si sovrappongono)


La fisica quantistica con i suoi postulati non solo ha rivoluzionato la fisica moderna ma sta ribaltando in occidente il vecchio modo di vedere il mondo.

Per la fisica quantistica il mondo è una totalità in cui tutto è correlato e interconnesso. Non c’è una materia esterna da studiare, i concetti di causa ed effetto perdono senso come pure quelli di spazio e di tempo lineare.

La fisica quantistica ci apre ad una nuova visione della realtà, descrivendo i sistemi fisici tramite una sovrapposizione di stati compresenti e complementari, che hanno un'insieme di probabilità di manifestarsi prima di ogni osservazione.

La dicotomia soggetto-oggetto inizia a dissolversi nella fisica quantistica, quando possiamo verificare che le proprietà di ciò che stiamo studiando dipendono dal modo con cui l'osservatore interagisce con la cosa osservata.

Ancora oggi in occidente la filosofia è basata sul dualismo escludente, sulla netta distinzione tra soggetto/oggetto. Un soggetto che osserva non può contemporaneamente osservare se stesso come un oggetto. Vale sempre il principio aristotelico di non contraddizione che segue una logica escludente Vero/Falso. Questo o quello.

Invece nella filosofia orientale questa separazione tra soggetto e oggetto viene sostituita dal dualismo includente detto anche non-dualismo oppure principio di polarità. Un soggetto che osserva può contemporaneamente osservare se stesso come un oggetto. L'uno non esclude l'altro, si sovrappongono. Questo e quello. Dalla duplicità consegue così la polarità, che accetta la possibilità che qualcosa non sia né vera né falsa allo stesso tempo ma indeterminata.

Ogni polarità si manifesta contemporaneamente con due aspetti opposti. Gli opposti sono interdipendenti con azione reciproca tra l'uno e l'altro polo. Gli aspetti polari oltre ad essere compresenti sono complementari.

L'insegnamento fondamentale della vita a cui partecipiamo è comprendere la vita stessa, ovvero sentire realmente cosa significa essere vivi, che è realmente la presenza, la nuda sensazione di esserci. Ma l'ego al centro della propria vita crea illusioni, perché così la mente interferisce separando il soggetto che osserva dal mondo oggetto dell'osservazione. Siamo ancora nel dualismo escludente. Dal gioco di essere qualcuno separato dal mondo,  la mente si identifica con l'ego, l'illusione più difficile da lasciare andare. Questa illusione dà un senso alla nostra vita nel mondo, ma è il vivere nel mondo senza illusioni che ci fa conoscere l'intera realtà.

E' l'ego che con tutte le sue illusioni, attaccato ai desideri ed interessi personali, si frappone alla comprensione della realtà. La separazione tra il soggetto che osserva e l'oggetto che è osservato può essere superata evitando la identificazione tra il soggetto ed il suo ego.

Allora secondo il non-dualismo, dove soggetto ed oggetto si sovrappongono, essere presente contemporaneamente anche come soggetto che osserva se stesso mentre interagisce con il mondo, significa che la mente elabora la relazione fra se stesso e il mondo (albero) evitando qualsiasi identificazione con il proprio ego.

Sapersi "osservare" con distacco quando si guarda il mondo è la via per avere consapevolezza dei propri processi cognitivi.

Grazie a questa unità soggetto/oggetto si può osservare, senza la distorsione dell'ego provocata dall'interesse personale, la realtà intera che comprende se stesso mentre interagisce con l'oggetto osservato.
E' l'unico modo per comprendere la realtà, quella di osservarla da una ottica universale, con distacco ed imparzialità, da un disilluso sguardo cosmico.

Alimentata dallo spirito critico la ricerca esistenziale è il superamento della separazione tra il proprio ego ed il tutto, possibile quando il soggetto non si identifica più con l'ego.

Il fulcro della questione consiste nel disinnescare quel meccanismo che lega la mente e ogni suo pensiero a quel centro di appropriazione che è l'ego.
Soltanto se impariamo a guardare le cose con equanimità, senza l’interesse, senza l’avidità, senza l’ingordigia dell’ego, l’uomo può essere tutt'uno con il mondo.
L'equanimità è uno stato mentale che trascende l'ego, i propri pensieri e ci si sente  come parte del Tutto. Solo così il Tutto viene accettato così come è, distaccato dai pensieri indotti dai nostri pregiudizi.
La capacità di distaccarsi e osservare con distanza se stessi, evitando qualsiasi identificazione con il proprio operato, permette al soggetto di ricongiungersi con il resto del mondo.
Il Tutto comprende allora le polarità come amore/odio, vita/morte, sofferenza/piacere, etc. Un processo mentale che cerca di trovare un equilibrio dinamico nel mondo che si vive senza giudicarlo, pur vivendo tra queste dicotomie.

La ricerca dell’Uno, della completezza è la ricerca dell'unità degli opposti "dentro di me/fuori di me", "soggetto che osserva/oggetto osservato", "io come parte/mondo come tutto", verità/falsità".
Svanita la separazione tra soggetto ed oggetto e svanita la identificazione tra soggetto e l'ego, esiste soltanto quello che c’è, dove Tutto è Uno. L'unità del tutto. La vita nella sua totalità, così come è in ogni momento.
E' possibile così avere più punti di vista, potersi mettere nei panni degli altri, criticare il proprio operato, comprendere l'altro come se stesso, aprirsi a tutte le possibilità che la vita ci offre, insomma sentirsi tutt'uno con il mondo e non una parte separata.
Con questa visione la presenza sta già abbracciando tutto. Il pensiero non nega niente, non resiste a niente. Accetta la manifestazione della gioia ma anche della sofferenza.
L’accettazione di tutto ciò che è, consiste nello sguardo sulla realtà intera, la natura stessa delle cose così come sono nel loro divenire, senza farsi illusioni.
Le cose accadono in un processo probabilistico, di possibilità e non più determinate dal principio di causa ed effetto.

Pensiamo che tutto dipende da cosa sentiamo dentro di noi. Questa è la verità? Ma nel momento in cui noi crediamo di dire la verità, appena la nominiamo non c'è più. La verità è inafferrabile.

La realtà può essere descritta interamente solo come compresenza di enti contrapposti, complementari e correlati tra loro; una descrizione in cui si manifesta la realtà intera non semplificata da schemi, ma colta nel suo contatto con il tutto, dalla vivente relazione di elementi contrastanti, senza un tempo univoco, in un gioco di probabilità di eventi che possono accadere nello stesso momento. Nel non-dualismo non esiste la verità o la falsità assoluta ed univoca. E non può essere altrimenti, perché la realtà stessa è contraddittoria, ambivalente ed incerta, dotata di una complessità ed interdipendenza difficile da analizzare nella sua totalità che resta un mistero.

La ricerca in questo contesto filosofico si muove lungo una polarità dove il ricercatore deve essere consapevole che nel momento in cui studia con la sua teoria e strumenti un fenomeno, ha già condizionato il risultato finale della ricerca. Allora lo stesso ricercatore non si deve identificare con i risultati della ricerca fatta.
Meglio osservare da più punti di vista un fenomeno da studiare, con i pro e i contro e con diversi quadri di riferimento che si presentono ogni volta, dove il risultato finale non è una verità accertata ma possibile. Non c'è determinismo ma un processo probabilistico dove le cose accadono in una miriade di possibilità.
Nel mistero dell’esistenza le cose sono incerte.